LA PITTURA DI LAURA FERRETTI
Prof. Giovanni LOMBARDI critico d’arte e saggista
Ho
avuto
il
privilegio
e
il
piacere
di
seguire
da
molto
tempo
la
vicenda
artistica
di
Laura
Ferretti,
di
assistere
al
suo
progressivo
processo
di
maturazione
stilistica
e
di
rimanere
coinvolto
nella
rete
delle
sue
ardite
ricognizioni
affidate,
in
gran
parte,
alla
difficoltosa
rigidità
della
spatola,
una
tecnica
che
richiede
la
sicurezza
della
mano
operativa
unitamente
ad
una
padronanza
dello
scenario
prospettico.
Ma
al
di
là
degli
esiti
artistici
e
metodologici,
colpisce,
in
primo
luogo,
il
rapporto
donna
–
artista:
voglio
dire
che
la
ricchezza
della
personalità
della
Ferretti,
la
sua
disponibilità
di
timbro
umano
e
cristiano,
la
riservatezza
attutita
da
un
sorriso
incoraggiante,
costituiscono
le
chiavi
di
lettura
del
ricorrente
messaggio
pittorico
affinato
in
anni
di
studio,
di
fatica
e
di
passione.
Non
già
inseguendo
mode
effimere
e
transitorie,
o
facendosi
semplice
imitatrice
delle
grandi
eredità
della
scuola
toscana,
peraltro
conosciute
ed
apprezzate,
ma
con
l’intento
di
rispondere
ad
un’esigenza
interiore,
al
bisogno
indeclinabile
di
usare
la
vocazione
artistica
come
strumento
ermeneutico,
ricco
di
sfumature
e
non
circoscritto
alla
mera
oggettualità,
ma
volutamente
proiettato
a
sondare
i
tanti
interrogativi
e
misteri
che
stanno
dietro
e
dentro,
con
le
loro
vicissitudini,
al
complesso
cammino
degli
uomini.
Cosicché
la
grande
storia
si
ridimensiona
in
una
sorta
di
microstoria
vergata
sotto
la
spinta
di
emozioni,
di
sentimenti,
di
amarezze
e
di
speranze:
una
drammatica
alternanza
che
trova
espressione
nella
variegata
tavolozza
di
colori
–
il
giallo,
il
blu,
il
nero,
il
verde,
il
rosso
–
attraverso
i
quali
la
Ferretti
sembra
volersi
confessare
ed
aprire
con
i
suoi
pudori,
i
suoi
turbamenti
e
le
paure
radicate
nell’inconscio,
alla
ricerca
di
un
denominatore
comune
di
taglio antropologico nel segno ungarettiano della fratellanza, della solidarietà e dell’amore.
Tutto
ciò
rimane
nel
fondo;
in
primo
piano
i
suoi
quadri
pieni
di
luce
e
di
colori.
La
sua
amata
Maremma,
terra
amara
e
selvaggia,
con
immense
pianure
verdi
e
dorate,
ingentilite
dalla
presenza
di
ciuffi
di
fiori
smaglianti
nello
scenario
di
cieli
solcati
ora
dalle
ombre
serotine,
ora
da
un’abbagliante
solarità,
specchio
cosmogonico
dell’eterno
divenire
delle
stagioni
che
si
ripete
da
millenni.
L’accento
dell’artista
ha
tonalità
crepuscolari,
si
muove
fra
nostalgia
e
evocazione,
come
se
il
suo
amore
per
i
fiori,
per
il
sole,
per
la
luce
ed
i
colori
potesse
divenire
un
muto
ma
significativo
recupero
della natura, dei paesaggi, dei filari dei cipressi.
Così
come
l’immersione
nella
profondità
del
mare:
nei
fondali
misteriosi
lievita
il
contrasto
tra
antichi
tesori
sepolti
da
secoli
e
la
germinazione
di
un’iridescente
fauna
e
flora.
Come
le
segrete
profondità
dei
nostri
cuori:
ricche,
in
continua
evoluzione, sfuggenti, meravigliose.
L’itinerario
approda,
conclusivamente,
dentro
il
versante
della
sacralità.
Innanzitutto
una
pala
d’Altare
approntata
nel
cinquecentesco
Santuario
della
Madonna
della
Carità
di
Seggiano,
raffigurante
l’Assunzione
al
cielo
della
Vergine
Maria:
si
tratta
di
un
toccante
inno
alla
maternità,
liberata
dai
canoni
tradizionali
e
attualizzata
attraverso
la
luminosa
espressione
dei
volti
(quello
della
Madonna
richiama
la
lezione
di
Benozzo
Gozzoli).
L’iniziale
e
momentaneo
smarrimento
legato
alla
tragica
parabola
umana
e
terrena
viene
trasfigurato,
sublimato
da
un’epifania
di
luce
e
di
speranza che sconfigge le tenebre e si proietta verso l’infinitudine dei cieli.
E
poi
una
Natività,
classica
e
moderna
nello
stesso
tempo.
In
questo
quadro
Gesù
Bambino
e
Sua
Madre
sorridono
sotto un insolito cielo pieno di luci: una dolce, magica atmosfera senza tempo.
Distante
eppur
coinvolgente
il
Gesù
della
Sacra
Sindone
guarda
dentro
di
noi.
E
noi
comprendiamo
il
Suo
amore
senza
riserve.
Seguono
due
opere
profondamente
contrastanti
tra
loro.
Una
“Circolarità
di
Amore”
che
coglie
un
istante
di
pacata
tranquillità
in
una
atmosfera
dai
colori
ovattati,
quasi
spenti.
La
quotidianità
della
fede.
Accanto
ad
essa,
quasi
inattesa,
tutta
la
drammaticità
di
“Maria
ai
piedi
della
Croce”.
Gli
occhi
e
le
mani
raccontano
l’angoscia
per
il
Figlio
morente,
ma
anche
la
sovrumana
volontà
di
obbedire
alla
Sua
richiesta
fino
ad
accogliere
ed
amare
gli
stessi
crocifissori del Suo Gesù.
Raffigurazioni
molto
particolari
con
i
sacri
volti,
finemente
dipinti
a
pennello,
sereni
nella
loro
classicità,
ma
incastonati
nello spessore grumoso della spatola che li involve quasi fossero icone greche rivisitate in chiave moderna.
In
conclusione
la
pittura
di
Laura
Ferretti
ha
una
profonda
valenza
morale
proposta
con
un
messaggio
comunicativo
e
gratificante accolto e compreso facilmente dalla gente.